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Dislipidemie rimedi naturali

Secondo il Ministero della Salute ( Linee guida per la prevenzione dell’aterosclerosi ) le malattie cardiovascolari (MCV) costituiscono la prima causa di mortalità e morbilità dell’adulto nei paesi industrializzati.

In Europa l’incidenza è particolarmente elevata nelle regioni del nord. del centro e dell’est, mentre si ha un’incidenza inferiore nei paesi del bacino del Mediterraneo.

Le dislipidemie costituiscono uno dei fattori di rischio delle MCV e consistono nell’aumento del colesterolo plasmatico, dei trigliceridi, o di entrambi, o in un basso livello di colesterolo HDL che contribuisce allo sviluppo di aterosclerosi.

Le cause possono essere primitive (genetiche) o secondarie, la diagnosi si pone misurando i livelli plasmatici del colesterolo totale, dei trigliceridi e delle singole lipoproteine, il trattamento comporta modificazioni dietetiche, esercizio fisico e farmaci ipolipemizzanti.

L’uso delle statine, a volte controverso, rappresenta uno dei pilastri della terapia ma esistono delle alternative naturali molto valide, che vedremo di seguito ed il cui studio è stato pubblicato su “Pubmed”.

E’ bene sottolineare che l’eventuale ricorso a queste terapie va concordato con il proprio specialista.

POLICOSANOLI

I policosanoli sono un gruppo di composti attivi che si trovano in natura prevalentemente nella matrice cerosa di molti semi. La fonte più ricca è la cera di canna da zucchero (Saccharum officinarum L.), seguita dalla cera di riso (Oryza sativa L.) e d’api (Apis mellifera). I policosanoli più importanti dal punto di vista farmacologico sono 5: tetracosanolo, esacosanolo, octasanolo, triacontanolo, dotriacosanolo. Questi composti sono in grado di diminuire il colesterolo totale e le LDL e di alzare i livelli di HDL. La loro capacità nell’abbassare il colesterolo può essere paragonata a quella delle statine, ma i loro effetti sono evidenti a dosi più basse di queste ultime. Varady KA et al., 2003). Gli effetti benefici dei policosanoli risultano essere uguali o migliori di quelli della simvastatina, pravastatina, lovastatina, probucolo e acipimox (Crespo et al., 1999; Ortensi et al., 1997; Pons et al., 1997; Alcocer et al., 1999). In particolare, mentre l’atorvastatina risulta significativamente più efficace dei policosanoli nel ridurre i livelli di LDL, entrambi abbassano i livelli di trigliceridi in modo analogo, mentre solo i policosanoli aumentano significativamente i livelli di HDL (Castano et al., 2003). Studi recenti hanno evidenziato che i policosanoli possono ridurre la sintesi del colesterolo, regolando l’espressione cellulare dell’HMG-CoA reduttasi, diminuendola, senza però inibirla direttamente (McCarty, 2002). Questi composti sono anche in grado di ridurre i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, diminuendo l’ossidazione delle LDL, l’aggregazione piastrinica ed il danno endoteliale in soggetti affetti da ipercolesterolemia del tipo II (Janikula, 2002), diabetici del tipo II (Crespo et al, 1997) e donne in postmenopausa (Castano et al., 2000). Infine, i policosanoli risultano ben tollerati e privi d’effetti collaterali, anche se gli studi riguardanti una loro possibile tossicità sono stati eseguiti solo su soggetti cubani ed andrebbero, quindi, proseguiti in altri paesi.

MONASCUS PURPUREUS

Il Monascus purpureus è un particolare tipo di lievito dalla caratteristica colorazione rossa, che per fermentazione controllata del riso si arricchisce in un gruppo di sostanze, denominate monacoline, alle quali è stata attribuita un’attività ipocolesterolemizzante (Endo et al., 1986; Endo et al., 1985; Wang et al., 2000).

Altre sostanze attive sono degli steroli (beta-sitosterolo, campesterolo, stigmasterolo), isoflavoni ed acidi grassi monoinsaturi (Heberet al., 1999). La monacolina k, in particolare, è il componente principale e quello presente in concentrazione maggiore, che per struttura e caratteristiche chimiche risulta molto simile alla molecola delle statine.

Questa sostanza è in grado di inibire competitivamente l’enzima HMG-Coa reduttasi, per la sua struttura simile al substrato, riducendo i livelli di colesterolo (Endo et al., 1980; Endo et al., 1989). Uno studio condotto in Cina (Wang et al., 1997) in 324 soggetti affetti da ipercolesterolemia ha evidenziato dopo otto settimane una diminuzione del colesterolo totale del 23%, delle LDL del 31% e dei trigliceridi del 34%, mentre un aumento del 20% dei livelli di HDL.

Studi successivi hanno confermato questi risultati (Goldstein, 2000; Heber et al., 1999; Huang et al., 2007; Lin et al., 2005; Wei et al., 2003). Poiché gli inibitori dell’enzima HMG-Coa reduttasi tendono a ridurre la produzione del coenzima Q10 (CoQ10), è bene associare l’integrazione di CoQ10 se si pensa di assumere l’estratto di Monascus purpureus per un tempo prolungato.

Uno studio recente, inoltre, ha osservato che l’estratto è in grado di promuovere l’osteogenesi (Wong e Langsjoen, 2007). In teoria le interazioni con fibrati, ciclosporina, eritromicina, claritromicina, nefadozone, inibitori delle proteasi ed azoli, che valgono per la lovastatina, sono le stesse per l’estratto di Monascus purpureus. Studi clinici, condotti fino ad oggi, non hanno riscontrato effetti collaterali significativi, ad eccezione di mal di testa e lievi disturbi gastrointestinali. E’ sconsigliato il suo uso in gravidanza, durante l’allattamento ed in soggetti con problemi epatici e renali.

VITIS VINIFERA

Vitis vinifera è una pianta appartenente alla famiglia delle Vinaceae, originaria del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente. La droga è costituita dalla buccia del frutto e dai semi (vinaccioli) e contiene principi attivi quali tannini, flavonoidi, antociani, proantocianidine, resveratrolo, acidi grassi poliinsaturi, sali minerali, vitamine. Le procianidine sono caratterizzate da molecole flavoniche raggruppate in oligomeri con un’elevata attività antiossidante ed endotelioprotettiva e grazie alla loro capacità di inibire gli enzimi coinvolti nella degradazione di collagene, elastina ed acido jaluronico, sono utilizzate in fitocosmesi per proteggere la cute dai danni provocati dai raggi UV (Bernays et al., 1989; Scalbert et al., 1991). In particolare, le proantocianidine oligomeriche (OPC), prodotti di condensazione di catechine ed epicatechine, sono principalmente localizzate nei semi, mentre le antocianidine, una classe di antiossidanti polifenolici, si trovano nella buccia del frutto (Venket et al., 1999). Le proantocianidine possiedono effetti antiossidanti, antimutageni, antimicrobici, antipertensivi, ipoglicemizzanti ed protettivi endotelioprotettivi (Barnard et al., 1993, Cheng et al., 1993; Dartenuc et al., 1980; Eberhardt e Young, 1994; Facino et al., 1994; Gali et al., 1994; Hong et al., 1995; Karthikeyan et al., 2007; Liviero et al., 1994; Vennat et al., 1994). Studi recenti su questo estratto hanno evidenziato un’attività cardioprotettiva, la capacità di aumentare le HDL lipoproteine ed un’efficacia nell’alleviare i sintomi dell’insufficienza venosa, quali pesantezza alle gambe, crampi, edema, dolore e prurito (Bagchi et al., 2003; Berti F. et al., 2003; Costantini et al., 1999; Cui et al., 2002; Yu et al., 2002). Le proantocianidine sono utilizzate soprattutto nel trattamento di disordini vascolari, come l’insufficienza venosa cronica, le vene varicose e la fragilità capillare. Recentemente si è osservato che queste sostanze inducono selettivamente la crescita dei cheratinociti, che costituiscono i capelli e la pelle, ipotizzando che potrebbero essere efficaci nel trattamento dell’alopecia (Takahashi et al., 1998; Takahashi et al., 1999). In generale, l’estratto dei semi d’Uva sembra essere utile nel trattamento dell’alopecia sia per i suoi effetti antiossidanti sia per la presenza del resveratrolo che è in grado di inibire l’angiogenesi (Dulak et al., 2005). Si è dimostrato, infatti, che l’angiogenesi è alla base della crescita dei capelli e sue anormalità causano la perdita dei capelli (Dulak et al., 2005). Il resveratrolo, invece, è contenuto in concentrazioni maggiori nella buccia dei frutti ed è una fitoalexina naturale prodotta dalla Vitis vinifera e da altre piante in risposta ad infezioni funginee e ai raggi UV. Nella medicina ayurvedica è usato principalmente come cardiotonico. Il resveratrolo risulta cardioprotettivo grazie alla sua capacità di inibire l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), la proliferazione delle cellule muscolari lisce e l’aggregazione piastrinica (Fremont et al., 1999; Fremont et al., 2000; Hung et al., 2000). Questo composto è anche in grado di inibire la produzione di eicosanoidi proaterogenici nelle piastrine e neutrofili umani (Pace-Asciak et al.,1995). Recentemente sono stati evidenziati degli effetti antitumorali ed immunostimolanti del resveratrolo in vitro (Jang et Pezzuto, 1999; Holmes-McNary et Baldwin, 2000; Hsieh et al., 1999; Schneider et al., 2000). Questa sostanza, come le procianidine, è un potente antiossidante e si è dimostrato, sia in vivo sia in vitro, in grado di proteggere dai danni indotti dai raggi UV (Afaq et al.,2003; Adhami et al., 2003). E’ da evitare il suo uso in gravidanza e durante l’allattamento.

BIANCOSPINO

Crataegus oxyacantha o Monogyna o Biancospino è un arbusto originario delle zone temperate dell’emisfero nord.

La droga è rappresentata dalle infiorescenze (corimbi), che alla base possono presentare qualche foglia, e contiene flavonoidi (flavoni, flavonoli fra cui l’iperoside, la vitexin 2-rhamnoside, la rutina e la vitexina), procianidine oligomere (l’epicatechina e la catechina), proantocianidine, triterpeni pentaciclici e una piccola parte di olio essenziale, il cui principale costituente è l’aldeide anisica.

L’estratto di Biancospino è in grado di aumentare l’integrità della parete dei vasi sanguigni e presenta un’azione cardiosedativa: riduce i fenomeni legati alla simpaticotonia e aumenta parallelamente lo stato vagotonico (attività inotropa positiva e batmotropa negativa), regolando così il battito cardiaco ed aumentando l’apporto ematico alle arterie coronarie ed al miocardio (Rigelsky e Sweet, 2002).

Si ipotizza che queste proprietà siano dovute quasi esclusivamente ai flavonoidi. L’estratto si utilizza nelle lievi insufficienze cardiache, in caso di palpitazioni, nell’angoscia, negli squilibri neurovegetativi, nel senso di oppressione precordiale, nel cuore senile che non necessita di trattamento digitalico, nelle forme lievi di aritmie bradicardiche e nell’ipertensione (Rigelsky e Sweet, 2002; Tadićet al., 2008).

Le proprietà antiipertensive sono attribuite ai flavonoidi ed alle proantocianidine, che sembra siano in grado di inibire l’enzima ACE (Lacaille-Dubois et al., 2001; Masteiková et al., 2007; Tadićet al., 2008). L’estratto manifesta, inoltre, effetti ansiolitici, utili nelle condizioni di nervosismo ed ipereccitabilità, proprietà antiossidanti, ipolipemizzanti ed antiaterosclerotiche con effetto maggiormente evidente sulle proteine a bassa (LDL) e bassissima densità (VLDL), che presentano un maggior rischio aterogeno (Akila e Devaraj, 2008; Shanti et al., 1994; Tadićet al., 2008). Uno studio ha evidenziato che i principi attivi del Biancospino sono in grado di aumentare i livelli dei recettori delle LDL a livello epatico e di prevenire l’accumulo di colesterolo nel fegato, promuovendo la degradazione del colesterolo in acidi biliari (Rajendran et al., 1996). Per il suo meccanismo d’azione, il Biancospino può potenziare l’attività di farmaci inotropi ed ipotensivi. Questa pianta, infatti, è in grado di potenziare l’azione della digitale ed i suoi componenti possono interferire sulla funzione della glicoproteina-P ed interagire con i farmaci che sono substrati di questa proteina come la digossina. Uno studio recente ha, comunque, dimostrato la sicurezza nella somministrazione contemporanea dell’estratto e della digossina (Tankanow et al., 2003).

COENZIMA Q10

Il Coenzima Q10 (CoQ10), denominato anche ubichinone o vitamina Q, è un benzochinone con catene laterali isopreniche, strutturalmente simile alla Vitamina K ed alla Vitamina E. E’ una molecola liposolubile, sintetizzata nelle membrane biologiche, soprattutto quelle mitocondriali, e a piccole dosi è acquisita tramite la dieta. Svolge un ruolo centrale nella catena respiratoria come trasportatore di elettroni ed è coinvolto in numerose reazioni redox a livello cellulare (Crane et al., 1957; Turunen et al., 2004). Attualmente è utilizzato nel trattamento di malattie neurodegenerative, tra cui il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica, e malattie cardiovascolari per i suoi notevoli effetti antiossidanti (Beal, 2004; Shults et al., 2002; Schapira, 2006; Singh et al., 2007). Una sua carenza determina una condizione clinica caratterizzata da encefalomiopatia, atassia cerebrale, sindrome di Leigh con ritardo nella crescita, miopatia e debolezza (Auré et al., 2004; Boitier et al.,1998; Di Giovanni et al., 2001; Ogasahara et al., 1989; Rötig et al., 2000). Recentemente è stato dimostrato che le statine, inibendo la sintesi di colesterolo, riducono i livelli di Coenzima Q10. Per questo motivo è stato ipotizzato che la miopatia causata dall’assunzione di statine sia determinata da un deficit parziale di CoQ10 ed al momento sono in corso degli studi per valutare l’efficacia della somministrazione contemporanea di statine e Coenzima Q10 (Folkers et al., 1985; Littarru e Langsjoen, 2007; Rundek et al., 2004). Alcuni studi, inoltre, hanno osservato che bambini ed adolescenti soggetti ad attacchi d’emicrania presentano una carenza di Coenzima Q10 e che la sua assunzione determina un miglioramento nella sintomatologia (Bianchi et al., 2004; Hershey et al.,2007; Sándor et al., 2005). In generale, comunque, è stato dimostrato che tutti i soggetti affetti da una mancanza di Coenzima Q10 traggono beneficio in seguito alla sua assunzione orale (Bhagavan e Chopra, 2006; James et al., 2005). Si sconsiglia il suo uso durante l’assunzione di warfarina, poiché potrebbe ridurne l’effetto anticoagulante (Combs et al., 1976; Landbo e Almdal, 1998; Spigset, 1994).

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Attività di Endurance

L’organismo dispone di riserve energetiche lipidiche ampiamente sufficienti per le normali necessità metaboliche ed anche per le più faticose discipline sportive. Per un fisico normale ed allenato, che si alimenta correttamente, anche le riserve proteiche sono generalmente sufficienti per la richiesta energetica durante la prestazione. Solo in condizione di deplezione glucidica (esaurimento delle scorte di carboidrati) avviene un importante catabolismo proteico a carico del tessuto muscolare.

Le riserve energetiche glucidiche sono invece determinanti al fine del risultato e l’insorgenza del senso di fatica è strettamente correlata alla disponibilità di glucidi a livello muscolare ed ematico.

Quando la glicemia si abbassa al di sotto del limite fisiologico (5mmol/l), la performance risulta rapidamente compromessa.
Un adeguato rifornimento di glucosio è in grado di garantire una riserva energetica prontamente disponibile per il sistema nervoso centrale e per i muscoli.
Questo si traduce in un prolungamento della durata dello sforzo fisico, miglioramento delle capacità di attenzione mentale e di coordinazione neuromuscolare, ritardo nella comparsa dei sintomi della fatica fisica e psichica. Ad esempio nel ciclismo o nella maratona la perdita di energia del corpo non dipende solo dall’intensità dello sforzo ma anche dalla sua durata e dalle condizioni ambientali in cui ci si allena o si gareggia.

Un’adeguata scorta di energia e di liquidi è importante per affrontare le varie situazioni e per prevenire gli stati di fatica determinati dalla carenza di acqua, sali e carboidrati.
La freschezza atletica dipende dalla capacità di dosare le proprie energie e dalle scelte opportune in materia di integratori. Gli integratori energetici ed idrosalini non sono tutti uguali, è importante scegliere bene!

L’utilizzo di formulazioni studiate seguendo le regole di nutrizione e di biochimica consentirà di evitare condizioni critiche e di mantenere più a lungo la migliore condizione atletica.
Una Gran Fondo di ciclismo o una maratona sono competizioni impegnative ed à necessaria una preparazione graduale con un progressivo allenamento ed un aumento costante del chilometraggio percorso.

L’alimentazione svolge un ruolo cruciale, sia negli allenamenti, sia durante la gara. E’ indispensabile bere molto, soprattutto se il clima è caldo e se si suda tanto. Si devono reintegrare acqua, sali minerali e carboidrati. Durante l’attività è indispensabile utilizzare bevande ipotoniche studiate e bilanciate.

E’ importantissimo non dimenticarsi di assumere una aliquota di energia sotto forma di carboidrati, prima, durante e dopo ogni allenamento e ogni gara. Nelle fasi pre-gara o pre-allenamento è importante rifornire l’organismo di micro e macronutrienti idonei alla preparazione del fisico allo sforzo ed alla resistenza. Sono indicati preparati con carboidrati, minerali ed aminoacidi liberi ad elevata velocità di assimilazione e svuotamento gastrico, per mantenere costanti le riserve energetiche.

Per ridurre i tempi di recupero, inoltre, sono necessari carboidrati ed aminoacidi (anche a catena ramificata) somministrati precocemente dopo lo sforzo ed eventualmente proteine in caso di sforzi molto intensi che potrebbero aver creato una eccessiva condizione di catabolismo muscolare da esercizio protratto in condizioni di deplezione glucidica.
Se si seguono corrette indicazioni nutrizionali, è più rapida la ricostituzione dei tessuti muscolari con conseguente miglior resa in allenamento ed in gara. Le vitamine, i minerali, i cofattori metabolici, le sostanze adattogene ed i macronutrienti bilanciati, permettono di ripristinare l’equilibrio fisiologico che viene modificato dopo un intenso lavoro muscolare.

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Ciclismo e Gestione dello Sforzo

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è ottolini01.jpgDobbiamo sempre considerare che, durante esercizio, vi sono DUE PRINCIPALI RISERVE di ENERGIA principalmente utilizzate:
I FOSFAGENI ATP e PC, immagazzinati nelle cellule muscolari;

IL GLICOGENO, immagazzinato in grandi quantitativi sia nel muscolo che nel fegato.
Non vengono inclusi in questa lista altri serbatoi (lipidi ecc.), in quanto, pur essendo mobilizzati ed utilizzati, sono comunque attivati in forma indiretta, ma, soprattutto, il loro ripristino non avviene immediatamente nelle fasi di RESTAURO,  ma durante successive fasi metaboliche (a lungo termine).
La ricostituzione delle riserve immediate di ATP e PC, consumate durante l’esercizio, puo’ addirittura avvenire in pochi minuti, e, mediante allenamenti mirati e adattamenti dell’atleta, anche durante fasi di recupero ATTIVO durante la prestazione stessa!!! Questo ci porta a capire che queste riserve energetiche non possono costituire un LIMITE assoluto al nostro allenamento o comunque lo possono condizionare solo in modo parziale. Un giusto programma alimentare e di integrazione e’ piu’ che sufficiente a garantire all’atleta di effettuare addirittura doppi allenamenti giornalieri senza assolutamente avere problemi energetici generali.
Se consideriamo le nostre RISERVE energetiche GLOBALI, potremo addirittura verificare che, grazie ad adattamenti metabolici dei nostri sistemi di produzione di energia, il nostro “motore” e’ addirittura capace di adattarsi o comunque di riconvertire diverse “benzine” nel carburante a lui piu’ idoneo. Ecco quindi che, terminati gli zuccheri, c’e’ una partecipazione delle scorte lipidiche o addirittura un metabolismo di alcuni aminoacidi e proteine. Anche qui il LIMITE di efficienza e di CAPACITA’ del nostro fisico e’ veramente ENORME e puo’ essere seriamente messo in crisi solo in prestazioni di “ultra-endurance” o nel caso di abitudini alimentari TOTALMENTE SCORRETTE.

Per meglio affrontare questo l’argomento, dobbiamo anche riprendere alcuni concetti base sul controllo nervoso della funzione muscolare.
Il nostro SISTEMA NERVOSO e’ composto dall’encefalo e dal midollo spinale e la sua unita’ anatomica di base e’ il neurone o cellula nervosa. Un IMPULSO NERVOSO e’ una modificazione dello stato elettrico della cellula nervosa.
Per avere un qualsiasi riflesso motorio (nel suo concetto piu’ semplice) e’ http://2.bp.blogspot.com/-oD0638TOTxo/Tha_QxFyV1I/AAAAAAAAAB4/ED7OWI04yDw/s1600/ottolini02.jpgnecessario che venga generato un segnale sensoriale dal Sistema Nervoso Centrale e che, mediante un neurone afferente, venga stimolato un neurone efferente o MOTORE che determina la risposta muscolare. TUTTI GLI IMPULSI NERVOSI vengono trasmessi da un neurone all’altro o da un neurone ad una fibra muscolare tramite trasmettitori chimici.
Questo e’ un RIASSUNTO fin esasperato del funzionamento del nostro sistema nervoso, che rappresenta uno dei sistemi piu’ complessi di tutto il nostro organismo (tanto che ancora alcuni processi devono essere completamente indagati e spiegati).
Una parte del nostro sistema nervoso, dotato di funzione indipendente, viene chiamato SISTEMA NERVOSO AUTONOMO: esso partecipa al controllo di attivita’ quali il movimento e la secrezione degli organi viscerali, la termoregolazione, ma entra anche in aiuto di alcune funzioni proprie del Sistema Nervoso Centrale.

Molte funzioni sono infatti direttamente DIPENDENTI dalle EMOZIONI, e possono quindi avere diretta dipendenza da un particolare stato mentale!!!
Come ultimo concetto vorrei ricordarvi che tutti i nostri muscoli sono in possesso di ORGANI di SENSO; il dolore che viene avvertito a livello muscolare in un muscolo affaticato o che sia stato vigorosamente contratto e’ dovuto alla stimolazione degli ALGORECETTORI, recettori dolorifici che si trovano non solo nelle stesse fibre muscolari ma anche nei vasi sanguigni (nelle arterie e non nelle vene) che irrorano le fibre muscolari, oltre che nel tessuto connettivo.
Ripresi questi concetti di base, possiamo capire come i livelli ENERGETICI possano influire sia direttamente sulle fibre muscolari, che sulla loro attivazione nervosa.

Tornando ora sulla considerazione che i limiti prestativi e di capacita’ dei nostri serbatoi energetici sono ALTISSIMI, possiamo finalmente capire come MOLTO spesso, la fatica e la sensazione di mancanza di energia durante allenamento siano dovute piu’ ad un processo di stanchezza e deconcentrazione mentale, che ad un vero e proprio calo fisiologico e metabolico.

Se pensiamo che, un determinato grado di ATTIVAZIONE MENTALE e di CONCENTRAZIONE sono in grado di far produrre maggiore adrenalina ed endorfine al nostro organismo, possiamo capire come spesso vi sia una DIPENDENZA DIRETTA della nostra capacita’ di ‘faticare’ e di riuscire a portare a termine un determinato lavoro con il livello elevato di stimolazione somatica e psichica.

Soprattutto per atleti giovani e per gli amatori, e’ spesso difficile riuscire a capire quando veramente ci avviciniamo al nostro limite prestativo e quanto effettivamente il nostro fisico sia in grado di sopportare ancora un determinato STRESS. Capita cosi’ molto spesso che, anche per un atteggiamento ‘preventivo’ e di ‘difesa’, molti atleti non riescano mai ad esprimere al massimo le loro capacita’ oppure non riescano a migliorare progressivamente i loro livelli massimali di prestazione.
Molto spesso, in particolare durante allenamento, quando vengono raggiunte determinate SOGLIE di dolore o di fatica, e’ proprio la nostra mente che ci fa desistere dal procedere, anche se ‘fisiologicamente parlando’ avevamo ancora energie, ma soprattutto i nostri processi metabolici muscolari e cardio respiratori erano in grado di poter spingere oltre!!!

PROVIAMO A CONTARE FINO A DIECI
Puo’ sembrare una battuta, ma uno dei primi consigli che do agli atleti piu’ giovani, nel caso di allenamenti molto intensi, in cui si debbano raggiungere picchi massimali, oppure si debbano effettuare delle prove cronometrate o TEST, e’, nel momento in cui si pensa o si sta per decidere di MOLLARE …di contare fino a dieci. Potete stare sicuri che, anche se la conta verra’ fatta molto velocemente, tutti arriveranno a MOLLARE dopo aver contato. Questo ci dimostra come in realta’, anche solo spostare per un attimo la concentrazione, dal dolore e dalla fatica, su un’altra cosa, puo’ concederci ancora un ulteriore fase di sforzo, ma soprattutto ci aiuta a capire che il momento in cui avremmo staccato la spina, NON ERA ASSOLUTAMENTE il nostro REALE LIMITE, ma solo un limite imposto in quel momento dalla nostra mente.

Riprendendo tutti i concetti analizzati, possiamo capire come la concentrazione e lo stimolo mentale, portino a determinati stati di attivazione metabolica (ad esempio la produzione di adrenalina e di endorfine arriva a TAMPONARE l’attivazione degli ALGORECETTORI e quindi anche la sensazione di fatica e di dolore muscolare vengono attenuati) che influiscono direttamente sulla prestazione.

Ovviamente, ci sono moltissime strategie per riuscire a gestire mentalmente gli allenamenti e le gare. Numerosi studi e teorie della PSICOLOGIA dello SPORT indagano e sviluppano
vere e proprie metodologie di allenamento mentale (MENTAL TRAINING) e codificano anche dei supporti esterni per gli atleti (MENTAL COACH) che aiutino ad imparare e a lavorare anche mentalmente.
Per atleti amatori, anche la sola presenza di un altro atleta in allenamento o comunque della squadra (soprattutto nei settori giovanili) diventa UN ASPETTO FONDAMENTALE, in quanto subentra anche un aspetto legato alla competizione fra pari, all’orgoglio personale… Tutte variabili che devono essere gestite e convogliate in modo proficuo e positivo, al fine di avere sempre stimoli nuovi e MOLTA MOTIVAZIONE!!!
Saverio Ottolini
Sport Attitude
supertraining@virgilio.it
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Proteine e Preparazione Invernale

Quando si parla di proteine l’atleta richiama alla mente immagini di sportivi con marcata ipertrofia muscolare, legando l’assunzione di integratori proteici alla sola muscolazione e allo sviluppo della massa magra.
Per questo motivo il ciclista amatore non ha mai preso in considerazione l’integrazione proteica, pensando che lo avrebbe portato ad aumentare peso e quindi ad abbattere le sue prestazioni in salita.
Le moderne acquisizioni relative all’allenamento invernale del ciclista, tuttavia, prevedono spesso un periodo di preparazione generale con sedute di lavoro anche in palestra non solo effettuando squat ed esercizi sulla leg press per potenziare gli arti inferiori, ma anche con esercizi di preatletismo generale e di cosiddetto allenamento funzionale al fine di rafforzare anche la parte superiore del corpo, per ottenere una maggiore stabilita’ in sella e un conseguente aumento delle prestazioni.
Inoltre, va tenuto presente che uno sportivo di Endurance, come il ciclista, ha un notevole turnover proteico fisiologico; le proteine infatti non sono associate al solo muscolo ma hanno nell’organismo funzioni diversissime: trasporto (come l’emoglobina), trasmissione (i neurotrasmettitori e i recettori), difesa (immunoglobuline) e ricostruzione di pelle e annessi cutanei (capelli, unghie).
Anche il ciclista, quindi, non dovrebbe sottovalutare l’importanza di un buon apporto proteico nella sua dieta e dovrebbe prestare attenzione affinche’ il quantitativo di proteine assunte non sia inferiore ai dosaggi raccomandati in materia di nutrizione dello sportivo.
Piu’ ricercatori hanno provato a tracciare linee guida per questo argomento ed esistono diversi pareri sulla supplementazione di proteine in soggetti che praticano attivita’ sportiva ma l’International Society of Sport Nutrition (ISSN) ha redatto in maniera chiara e comprovata scientificamente sette pilastri cardine per l’uso di questi nutrienti nella dieta dell’atleta.

1) Lo sport richiede un maggior apporto proteico.
Sebbene il dosaggio raccomandato per le proteine sia di 0,8g/Kg al giorno, per chi pratica attivita’ sportiva questo quantitativo spesso non e’ sufficiente a riparare efficacemente il tessuto muscolare e a evitare il catabolismo della massa magra.

2) Indicazioni di assunzione giornaliera.
L’ISSN, allineandosi agli studi sotto riportati, consiglia un’assunzione di 1,4g/kg/die per chi svolge attivita’ di tipo aerobico come il ciclista o il fondista. Dopo il “text book of work physiology” (1986) di Astrand e Rodhal, un altro importante studio (Lemmon: “do athletes need more dietary proteins and amino acids'” 1995 Int. J Sport Nutr.) ha individuato un intake adeguato di proteine per lo sportivo di 1,2-2g/kg/die di proteine, a seconda della tipologia di attivita’ svolta e della sua intensita’. All’interno di questo range il fabbisogno varia in relazione alla biodisponibilita’ delle proteine, l’assunzione di carboidrati e il momento dell’assunzione.

Non ci sono studi che dimostrino che un’assunzione superiore al dosaggio raccomandato di proteine, su soggetti sani che svolgano attivita’ sportiva, possa generare effetti indesiderati; d’altra parte ci sono diverse testimonianze che uno scarso apporto proteico possa ridurre di molto l’adattamento all’allenamento.

4 L’integrazione di proteine
Oltre che con gli alimenti tradizionali (carne, uova, legumi, pesce…), si puo’ arrivare all’intake proteico ottimale usando integratori di proteine in polvere; le fonti proteiche possono essere diverse: soia, latte, uovo, ecc… ma tutte hanno la principale caratteristica di essere conservabili a lungo. Un altro vantaggio dell’assunzione di proteine in polvere e’ l’ottima biodisponibilita’ e l’alta digeribilita’.

5 Tipi di proteine
La letteratura scientifica piu’ recente ha individuato nelle miscele di diverse fonti proteiche una sequenziale risposta aminoacidemica: in particolare l’associazione di proteine del siero alla caseina permette di avere una risposta pronta e duratura utile in particolare per il recupero muscolare post-esercizio.

6)Attenzione al momento dell’assunzione!
La Societa’ Internazionale di Nutrizione dello Sport (ISSN) ha individuato nel pre e nel post esercizio il timing adeguato per l’assunzione di integratori con componente proteica all’interno; questo sembra migliorare la capacita’ di recupero e l’adattamento all’allenamento.

7) Gli amminoacidi
Ultima indicazione dell’ISSN riguarda l’uso di amminoacidi, in particolare i ramificati (leucina, isoleucina e valina), che possono essere molto utili nel caso si voglia velocizzare il recupero: i BCAA infatti hanno la capacita’ di contrastare efficacemente il catabolismo muscolare e promuovere la ricrescita della massa magra.

APPROFONDIMENTO PROTEIN HTP
l’integratore proteico per il ciclistaBasandosi sulle piu’ recenti acquisizioni in materia di nutrizione dello sportivo tracciate dal ISSN e diffuse in Italia tra gli altri anche dalla prestigiosa Societa’ Italiana di Alimentazione e Sport (SIAS), lo staff di Ricerca e Sviluppo di EthicSport ha recentemente formulato un integratore proteico di nuova generazione particolarmente adatto per lo sportivo.
Nel periodo invernale il ciclista, ma piu’ in generale lo sportivo di endurance, che svolge sedute di carico destinate al potenziamento generale, puo’ trovare in PROTEIN HTP un valido alleato, utile per nutrire efficacemente le sua muscolatura

Caratteristiche
Protein HTP e’ una associazione complessa di proteine ad alto valore biologico, studiata per lo sportivo che ha esigenze di ricostruzione muscolare. La particolare miscela sfrutta la sinergia tra proteine ottenute per concentrazione del siero del latte con una piccola aliquota di puro caseinato di calcio, permettendo cosi’ un assorbimento frazionato.
La tecnologia impiegata, cross flow ultra filtration and micro filtration, permette di concentrare polipeptidi, lattoglobuline isolate e lattoferrina garantendo una biodisponibilita’ dei nutrienti massima e una solubilita’ eccezionale. Il prodotto ha un alto valore biologico, ottima digeribilita’, BCAA (6500mg/dose), glutammina (6000mg/dose) e, cosa non trascurabile, un gusto gradevole in entrambi i flavour proposti: cacao e vaniglia.
Il prodotto apporta anche FOS (fruttooligosaccaridi) e un elevato tenore di lattoferrina (330mg/dose). I Frutto-Oligosaccaridi, presenti in diverse specie di vegetali, costituiscono gran parte della cosiddetta fibra alimentare e hanno attivita’ prebiotica.

I FOS non sono idrolizzabili dagli enzimi digestivi umani e non vengono assorbiti dalla mucosa intestinale, giungono pertanto inalterati nel colon, dove:

  • vengono fermentati dalla microflora intestinale portando l’incremento dei bifidobatteri;
  • aumentano la produzione di acidi carbossilici che, portando a una diminuzione del pH, ostacola la crescita di microrganismi patogeni;
  • aumentano l’assorbimento di alcuni minerali ed ottimizzano il metabolismo proteico.
    La lattoferrina e’ una proteina globulare multifunzionale, parte del nostro sistema immunitario, normalmente presente nel latte.
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Intolleranza al lattosio

DEFINIZIONE

Si definisce “intolleranza al lattosio” l’insieme dei sintomi che possono presentarsi per la incapacità di digerire il lattosio, il principale zucchero contenuto nel latte, causata da una carenza di lattasi, l’enzima che scinde il lattosio in zuccheri semplici che vengono poi assorbiti dal tratto gastrointestinale. Non tutte le persone che hanno una carenza di lattasi sviluppano sintomi clinicamente rilevanti, ma quelli che li sviluppano vengono definiti “intolleranti al lattosio”. L’intolleranza al lattosio nell’adulto è molto comune: negli Stati Uniti, fino al 22% degli adulti è affetto da carenza di lattasi mentre i Nord-Europei hanno la prevalenza più bassa (circa il 5%). Nell’ Europa centrale la prevalenza è circa il 30% e nell’Europa del sud sfiora il 70%, come negli Ispanici e negli Ebrei. Non vi sono invece differenze significative di incidenza fra i due sessi. L’ espressione e l’attività della lattasi iniziano a diminuire nella maggior parte delle persone intorno ai 2 anni di vita con una riduzione progressiva geneticamente programmata, ma i sintomi di intolleranza al lattosio raramente si sviluppano prima dei 6 anni.

SINTOMI

 I sintomi più comuni dell’intolleranza al lattosio sono gastrointestinali: dolore addominale non specifico e non focale, crampi addominali diffusi, gonfiore e tensione intestinale, aumento della peristalsi con borborigmi facilmente auscultabili e con movimenti talora palpabili, meteorismo, flatulenza e diarrea con feci poltacee, acquose, acide, che insorgono da 1 a poche ore dopo l’ingestione di latte o latticini o comunque di alimenti contenenti lattosio . Tuttavia tali sintomi non sono specifici: altri disordini come la ipersensibilità alle proteine del latte, reazioni allergiche ad altri cibi, o intolleranze ad altri glicidi possono causare sintomi simili. Si stima che occorrano più di 240 ml di latte al giorno (12 grammi di lattosio) per causare sintomi in soggetti con carenza di lattasi. L’insorgenza della sintomatologia è anche dipendente dal cibo associato, in quanto è legata alla velocità di svuotamento gastrico: se il lattosio si sposta rapidamente dallo stomaco ad un intestino con bassa attività lattasica, i sintomi saranno più evidenti. Quindi se il lattosio viene ingerito insieme a carboidrati (specie i carboidrati semplici), che aumentano la velocità di svuotamento gastrico,  i sintomi sono più probabili o più intensi, mentre se viene ingerito insieme a grassi, che riducono la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi possono essere molto ridotti o addirittura assenti. 

DIAGNOSI 

Nella diagnosi differenziale, bisogna tenere presente le allergie alle proteine del cibo ed in particolare a quelle del latte e del grano, che possono mimare in parte l’intolleranza al lattosio, e l’infiammazione della mucosa intestinale dovuta ad infezione o l’enterite da ipersensibilità alle proteine che causano una intolleranza al lattosio secondaria.

 E’ tipica la presenza di feci poltacee, acquose, acide, spesso con eccesso di gas e associate ad urgenza che insorge poche ore dopo l’ingestione di sostanze contenenti lattosio.

E’ quanto meno discutibile fare diagnosi di intolleranza al lattosio basandosi sulla scomparsa dei sintomi in seguito a dieta di eliminazione dei prodotti contenenti lattosio, in quanto gli stessi sintomi possono essere dovuti ad esempio ad una allergia alle proteine del latte, specialmente nei bambini. Per fare diagnosi sono quindi necessari esami diagnostici di laboratorio. L’analisi delle feci mostra una aumentata acidità (pH inferiore a 5.5) e la presenza di sostanze riducenti, che indicano che i carboidrati non sono stati assorbiti. Tuttavia tali alterazioni nelle feci sono presenti in tutte le sindromi da malassorbimento di carboidrati ed anche nella “Sindrome da Sovraccrescita Batterica” nel tenue. Fra i test diagnostici non invasivi, particolare importanza assume il Breath Test all’ Idrogeno. Il meccanismo su cui si basa il “test del respiro” è semplice: il malassorbimento del lattosio porta alla fermentazione dello zucchero da parte della flora batterica intestinale con produzione di idrogeno che viene assorbito nel sangue ed eliminato attraverso i polmoni. Il malassorbimento del lattosio può quindi essere dimostrato dall’aumento della quantità di idrogeno esalato dopo un carico orale di 20 g di lattosio. Tale test è altamente specifico, di facile esecuzione e di costo contenuto e rappresenta attualmente il test di prima scelta nella diagnosi di intolleranza al lattosio. Inoltre, in presenza di flora batterica nell’intestino tenue, la fermentazione del lattosio avviene precocemente e può causare un innalzamento precoce dei livelli di idrogeno nel respiro (> 20 ppm), con un picco ulteriore tardivo per la fermentazione nel colon. Tale andamento della concentrazione di idrogeno nel respiro, può quindi essere utile nella diagnosi della Sindrome da Sovraccrescita Batterica nel tenue. Fra le procedure invasive ricordiamo la biopsia della mucosa del piccolo intestino, quasi mai necessaria per la diagnosi di intolleranza al lattosio, ma utile per individuare malassorbimenti da causa non chiara.

TERAPIA

Il cardine della terapia è la dieta a ridotto contenuto di lattosio. La quantità di lattosio tollerata dai vari soggetti è variabile, pertanto è opportuno eliminare gradualmente gli alimenti iniziando da quelli a più alto contenuto in lattosio (latte, yogurt, formaggi freschi) in modo da valutare la soglia di tolleranza del paziente. Tali alimenti possono essere sostituiti con alimenti analoghi privi di lattosio che attualmente si trovano in commercio con facilità. Ove non sia possibile l’eliminazione di alcuni alimenti contenenti lattosio, è disponibile una Lattasi in compresse (Lacdigest), che ingerita insieme al cibo aiuta nella digestione del lattosio. Una compressa di Lattasi digerisce fino a 5 g di Lattosio e cioè il contenuto di 100 ml di latte vaccino. Poiché gli alimenti contenenti grandi quantità di lattosio contengono anche grandi quantità di calcio, è consigliabile una supplementazione di calcio in tutti i pazienti sottoposti ad una stretta dieta di eliminazione ed in particolare nei bambini che richiedono grandi quantità di calcio per lo sviluppo osseo. Anche se i sintomi sono direttamente correlati alla quantità di lattosio ingerito, è bene sapere che il lattosio non è contenuto solo nel latte e nei suoi derivati freschi, ma anche, sebbene in piccole quantità, in alcuni tipi di pane, dolci al forno (ciambelloni e simili), cereali, margarine, caramelle, merendine, salami. E’ importante imparare a leggere la composizione degli alimenti presente sulle etichette dei prodotti.

BIBLIOGRAFIA

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La flora intestinale e gli antibiotici

Che cos’e’, quando si altera e come si ripristina 

La flora batterica intestinale, costituita da microrganismi appartenenti a numerosi ceppi differenti, colonizza fisiologicamente l’intestino, dove vive in simbiosi con l’ospite e ricopre alcune funzioni fondamentali per il corretto funzionamento dell’apparato digerente. La flora intestinale interviene, infatti, nei processi digestivi (soprattutto di zuccheri e acidi grassi), nella sintesi di vitamine (complesso B, vitamine C e K), favorisce l’assorbimento di oligoelementi, esercita una funzione protettiva nei confronti di batteri patogeni e di agenti di natura virale o alimentare potenzialmente dannosi per l’intestino e partecipa alla produzione dei gas intestinali. 

Per cause molteplici, infettive (legate all’assunzione di farmaci), nutrizionali o in relazione allo stress, la flora intestinale puo’ tuttavia subire variazioni (si parla allora di dismicrobismo intestinale, a indicare un’alterazione della composizione quantitativa e/o qualitativa) che alterano l’equilibrio fisiologico e compromettono la normale funzione intestinale, con comparsa di manifestazioni locali quali meteorismo, gonfiore addominale e diarrea. La principale causa di dismicrobismo e’ rappresentata dalle terapie farmacologiche, soprattutto con antibiotici. 

Gli antibiotici, infatti, agiscono contro tutti i tipi di batteri, eliminando non solo i patogeni, ma anche i batteri simbionti che costituiscono la normale flora intestinale. I soggetti piu’ sensibili agli effetti delle terapie antibiotiche sono i bambini, in cui la flora batterica non e’ ancora matura, e gli anziani, in cui, al contrario, la flora batterica e’ in parte modificata come risultato del naturale processo di invecchiamento. Diviene pertanto essenziale favorire il ripristino di un corretto ambiente intestinale: in quest’ottica il medico, riconoscendo il ruolo di primaria importanza svolto dai probiotici (“microrganismi vivi e vitali che, quando assunti in quantita’ adeguata, conferiscono un effetto benefico all’organismo ospite” [linee guida del Ministero della Salute]), di regola ne suggerisce l’assunzione che, sicura ed efficace sia nel bambino sia nell’adulto e nell’anziano, permette di ristabilire la normale flora intestinale e le corrette funzioni dell’apparato digerente. 

Consigli utili

Quando e’ necessario sottoporsi a terapia antibiotica, e’ importante prestare attenzione all’alimentazione. I pasti dovrebbero essere facilmente digeribili, cucinati in modo semplice, poveri di grassi e ricchi di vitamine; meglio invece evitare, se presente diarrea, legumi, alimenti integrali e verdure. e’ inoltre possibile introdurre prebiotici con l’alimentazione: si tratta di sostanze in grado di arrivare al colon intatte, non digerite; in questa sede vengono trasformate in acidi grassi a catena breve dalla flora batterica locale, con un effetto di inibizione della crescita dei microrganismi patogeni, stimolazione dei batteri simbionti e miglioramento complessivo della funzionalita’ intestinale. I prebiotici sono contenuti in molti alimenti, come farina di frumento, germe di grano, aglio, cipolla, porri e fagioli. 

Suggerimenti

L’assunzione di batteri sporigeni del genere Bacillus clausii e’ in grado non solo di combattere il dismicrobismo, ripristinando l’equilibrio della flora intestinale alterato nel corso di terapie con antibiotici e contribuendo a correggere le conseguenti disvitaminosi, ma anche di prevenire le alterazioni della flora batterica intestinale. B. clausii, resistente ai succhi gastrici, al calore e a molti antibiotici (caratteristica estremamente importante che ne consente l’assunzione in concomitanza con la cura antibiotica, allo scopo di prevenire gli squilibri della flora intestinale causati dagli antibiotici stessi), e’ disponibile in flaconcini e capsule rigide e puo’ essere utilizzato con sicurezza anche nel bambino e nell’anziano (Enterogermina*). 

Si suggerisce inoltre l’uso di integratori di vitamina C, che aiutano le difese immunitarie e rappresentano un valido supporto all’alimentazione. Tali integratori sono disponibili in bustine per adulti e in compresse effervescenti per bambini, da sciogliere direttamente in bocca (Agruvit C e Agruvit Junior).